di REBECCA DE BORTOLI
COLLEGNO – Prima dello sgombero, TorinoCintura ha visitato il campo rom di Collegno in via della Berlia: un campo nomadi autorizzato, nato nel 1997 per superare un’occupazione abusiva che forse sarebbe stata più problematica. Ad oggi sono rimaste all’interno 14 famiglie.
Il sindaco Francesco Casciano ha definito lo sgombero del campo rom il frutto di “un percorso di inclusione durato 25 anni”: la decisione di lasciare le baracche da parte degli abitanti sarebbe volontaria. Ma in una storia ci sono sempre due versioni, e abbiamo voluto sentire anche la voce di alcuni degli ultimi residenti del campo rom di Collegno, che stanno vivendo sulla loro pelle questa vicenda. E sono uscite molte contraddizioni.
Tra i rom c’è chi è felice di andare via, ma ci son altre persone tra gli intervistati che preferirebbero restare nel campo ed essere aiutati a rimetterlo a posto. Molti di loro sono preoccupati per la “questione casa”, che risulta ancora problematica e in alcuni casi non risolta. Secondo quanto riferiscono alcuni degli abitanti del campo Rom, non a tutti sarebbe stata assegnata una casa popolare, quindi molti hanno paura di finire in mezzo a una strada.
Chi ha voluto parlare con TorinoCintura, ha chiesto l’anonimato per tutelarsi. Francesco (nome di fantasia), abitante del campo, spiega: “Siamo al centro di un vero e proprio sgombero forzato e disorganizzato. Non ci hanno coinvolti nei processi decisionali, e molti di noi in realtà non hanno ancora ricevuto un ricollocamento”. Tra le persone che probabilmente non avranno più un tetto quando il campo Rom verrà smantellato, c’è anche Luisa (nome di fantasia), giovane mamma che ha appena avuto una bimba con problemi di salute: “Ho paura che io e la mia piccola rimarremo in mezzo la strada, quando il campo sarà sgomberato” dice sconfortata. “Come ti sentiresti tu se all’improvviso ti togliessero da casa tua e ti obbligassero a vivere altrove? Ecco, così mi sento io, ad essere strappata dal luogo dove sono cresciuta, per essere messa forse in un condominio lontano dalla mia gente”.
Un’altra donna rom, Franca (nome di fantasia) con sincerità ammette: “A volte devo fare dei furti per sopravvivere, ho spesso cercato lavoro e provato a cercare casa, ma nessuno ci vuole”. E spiega che – fino ad oggi – non le è stata ancora assegnata una casa popolare: “Fatichiamo a trovare qualcuno che ci affitti un alloggio, perché ci manca un contratto di lavoro, che spesso nessuno ci offre per la cattiva reputazione che ha il nostro popolo. Senza dimenticare il problema della mancanza della residenza ufficiale a Collegno, che non ci vogliono concedere”.
La mancanza dello status di residente a Collegno genera altri problemi: “Non ci vogliono dare la residenza per le mie due bambine, anche sono nate qui in Italia…gli assistenti sociali non ci aiutano. Ci vogliono sbattere in mezzo a una strada con i bambini perché non possono aiutarci. Se sei residente ti aiutano, ma se non sei residente non hai nulla. Ho fatto di tutto per avere un’assistente sociale per aiutare le mie bambine, ma se non sei residente a Collegno non ti possono dare nessun aiuto, nemmeno gli assistenti sociali.” È vero che a molti abitanti del campo Rom è stata assegnata una casa popolare. Gianluca (nome di fantasia) potrà vivere in un alloggio di edilizia popolare, ma è comunque preoccupato per il futuro: “Saremo contenti di andarcene. Chi non lo sarebbe, per essere inclusi nella società della città di Collegno, in cui siamo nati e cresciuti? Ma abbiamo paura della risposta delle persone, che spesso non è positiva nei nostri confronti”. L’integrazione non è così semplice, come si vuole far credere. Tra chi non vorrebbe lasciare via della Berlia ci sono anche i bambini: “Il campo è danneggiato e sporco, ma se qualcuno ci aiutasse a metterlo in ordine e ci venisse data la possibilità di scegliere, vorremmo restare in un luogo sicuro per noi, dove i bambini possano giocare per strada insieme”.
La madre dei Gabriele 2 è sempre incinta 🙁